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Immagine del redattoreMartina Rifici

Come nasce un tatuaggio




Per descrivere come nasce un mio tatuaggio, è importante provare a spiegare cosa significa un’illustrazione per me e che significato le do.

Come ho scritto nel precedente articolo, in cui vi parlavo del mio percorso artistico (su Facebook trovate la versione integrale in caso ve la foste persa), esistono diversi modi per interpretare il nostro mestiere. C’è chi sceglie di tatuarsi un disegno, bello a gusto personale, replicato nei minimi dettagli sulla propria pelle. C’è anche chi, invece, dietro al disegno di un tatuaggio racconta una storia, descrive delle emozioni o racconta un proprio modo di essere. Personalmente, nel tempo, ho capito di preferire la via dell’emotività. Ho iniziato a raccontare le emozioni presenti in un libro (L’atlante delle emozioni umane) e successivamente anche a tatuarle. Quando le persone hanno notato che i miei lavori erano basati su emozioni e stati d’animo, hanno iniziato a chiedermi di raccontare le loro (ansia, sofferenza, voglia di ricominciare o partire e tante altre) attraverso i miei disegni. Ho rivisitato i flash e le mie casette, quelle con cui mi sono fatta conoscere affacciandomi al mondo del tatuaggio. Ho aggiunto tutte le emozioni che mi venivano richieste, talmente soggettive da trasformarsi in vere e proprie storie emotive e spaccati di vita personali. Era come se, tutte quelle case, fossero improvvisamente diventate dei corpi da modellare e plasmare intorno alla storia e alle emozioni dei clienti. E questo è il significato che tutt’oggi do alle mie illustrazioni. Fatta questa premessa fondamentale, ora ci tengo a raccontarvi come nascono i miei tatuaggi. La prima fase è quella della conoscenza, forse la più importante, tramite e-mail. All’interno di ogni messaggio che ricevo c’è una tempesta di emozioni, con storie davvero lunghe e approfondite. Spesso mi chiedono scusa anticipatamente per la lunghezza dei testi, mi viene sempre da sorridere quando accade. In realtà il mio scopo è proprio quello di sentire queste storie, permettere di raccontarsi il più possibile per avere una visione profonda e a tutto tondo della persona che mi troverò davanti. Il legame che si crea sin dal primo momento, spesso spinge le persone a chiedere un consulto dal vivo, anche per vedere se rispecchio la realtà che trapela dai messaggi di posta o su Instagram.


Questo lo faccio volentieri, anche a me piace conoscere chi tatuerò dal vivo, ma mi rendo conto che in presenza è più difficile raccontarsi. Un po’ di normale timidezza e la presenza di altra gente in studio spinge il cliente a parlare solo del tatuaggio, mentre la storia passa in secondo piano. Per messaggio ci si sente liberi di raccontarsi nel profondo, descrivendo dei dettagli che non saranno raffigurati, ma fondamentali per la completezza del concetto che verrà poi illustrato. Dopo la lettura dei messaggi e la conoscenza, arriva la fase che impiega gran parte del mio tempo, quella della risposta. Rispondere ad un’informazione è un’azione rapida, farlo a delle storie profonde e toccanti no. Io sono una persona molto empatica e altamente sensibile per diagnosi (PAS persone altamente sensibili). Di questo la maggioranza delle persone non è a conoscenza. Sicuramente da un lato è pesante, ma d’altra parte questo mi concede di conoscere di più le persone e mi aiuta a creare i disegni con maggiore sensibilità e coinvolgimento emotivo. Questo mi aiuta anche a capire, ad esempio, come sta un cliente quando viene in studio. Capisco velocemente se è agitato, ansioso, tranquillo o emozionato (noto anche i movimenti impercettibili mentre sto tatuando che a modo loro comunicano lo stato d’animo). Dopo aver concordato preventivo, data e consensi, inizia il momento dell’introspezione e l’analisi approfondita della storia. Non inizio subito a creare il disegno, motivo per cui, quando ricevo richieste delle bozze parecchi giorni prima, devo rispondere negativamente. Questo potrebbe far pensare che io non dedichi tempo ai disegni, ma in realtà non è assolutamente così. Ogni tanto mando una bozza alle persone particolarmente ansiose un paio di giorni prima, ma è una cosa che vorrei smettere di fare in futuro. Quello che mi spinge a disegnare a ridosso dell’appuntamento per il tatuaggio è il processo che c’è dietro. Avendo molti lavori da realizzare, la cosa migliore è concentrarsi su ognuno di essi settimana per settimana. L’approccio dedicato ad ogni singola illustrazione è unico e personale a seconda della storia che mi è stata raccontata e delle percezioni che ho ricevuto. Circa una settimana prima del tatuaggio, rileggo l’e-mail per immergermi nella loro storia, capisco cosa desidera il cliente. Segno nei miei appunti le caratteristiche, come dimensioni, parte del corpo in cui verrà realizzato, sottolineo i significati più importanti e valuto, in caso ci siano, tutti gli elementi particolari richiesti. In questa fase ancora non disegno, così come non disegno nei giorni successivi, perché quel momento per me rappresenta il lavoro più difficile, ovvero immaginare il tatuaggio nella mia mente. Quando è tutto chiaro passo al foglio. Inizio facendo degli schizzi e se li vedesse qualcuno non penso che li capirebbe. Sono forme abbozzate, accenni di struttura per capire quale forma avrà il tatuaggio. A distanza di uno o due giorni, prendo il tablet e inizio il disegno definitivo. Illustrare nel pratico quelle emozioni mi porta via quattro o cinque ore, ma il tempo precedente (anche una settimana intera) è quello più impegnativo e intenso. Mi aiuto cercando immagini e reference, mi immergo nelle emozioni che provo e che vorrei far provare, nel tempo libero o mentre lavoro al negozio di mio padre. Ogni momento di quella settimana è mentalmente dedicato a ciò che illustrerò sulla pelle del cliente.

Questo è il percorso generale che da vita ad un mio tatuaggio. Il tempo che impiego è veramente tanto come avrete capito. Tengo molto a questo processo, senza il quale non riuscirei a trasmettere nessuna emozione o a rendere l’illustrazione unica. Ancora oggi i lavori creativi vengono visti come lavoro in cui non serve tempo. Spesso sento frasi del tipo “Fammi sta cosa, tanto che ci metti?”, oppure “Bello vivere di creatività, ci vuole poco e ti diverti”.

Così si considera solo la bellezza del lavoro, la parte creativa, senza pensare al dispendio di tempo e di energie che c’è dietro alla progettazione. Per illustrare scorci di vita e storie, per far emozionare e far rivivere emozioni, dedicare molto tempo è una prerogativa necessaria. Questo per me, per noi, è un lavoro e richiede tempo e dedizione come qualsiasi altro mestiere. E’ importante per me che si si capisca che (per alcuni di noi) tatuare non è solo l’atto in sé di replicare un disegno sulla pelle. Tatuare (o illustrare) è creare un disegno che contenga una parte importante di noi stessi. Cercare di dare un senso a cosa ci racconta un cliente.

E a questo va data la giusta importanza. Come è molto importante considerare il dispendio di tempo ed energie per rispondere alle e-mail, lavorare le foto che verranno condivise, gestire i social e tanto altro ancora. Ecco perché questo articolo è molto importante per me, vorrei condividere con voi come nasce, ma anche cosa c’è dietro ad un tatuaggio. Forse, per imprimere nel profondo questo messaggio, dovreste vedere l’emozione e le lacrime di gioia di un cliente quando vede il proprio disegno. E’ grazie a questo che capisci che, quello che ami, lo stai facendo bene.



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